Regina del silenzio

Eravamo in tre.

Giovani Regine di terre lontane.
Private ciascuna della propria corona.

Una stanza
piccola come caramella
ma ruvida come carta vetrata.

Una parola
ad ogni cambio di stagione
scettro di quell’antico potere
ormai ridotto a miniatura.

A turno
e a volte sovrapposte
giocavamo feroci ad evocare quel tempo lontano.

La prima diceva a gran voce: ho freddo, chiudete la finestra!
La seconda contestava: ho caldo, spalancatela!

E così
senza soluzione,
dopo interminabili terzine
un giorno
mi girai di spalle

intuendo
che per il tempo che restava
la mia voce sarebbe stata il silenzio.

*O. arriva in dormitorio e le viene assegnata una camera con altre due donne. Le tre si trovano sovente in disaccordo sulla temperatura percepita nella stanza e discutono sul lasciare aperta o chiusa la finestra. O. non parla italiano a differenza delle altre; per questa ragione, dopo l’ennesima diatriba, sceglie di rivolgersi ad una volontaria per trovare ausilio, ma, a quanto pare, anche quest’ultima non comprende le sue parole e la punisce severamente. Da quel momento in poi O. smette di parlare. Attribuisce al silenzio lo strumento per sopravvivere alle relazioni interne alla struttura, dentro o fuori la stanza. Ricomincia a comunicare dopo essere entrata a far parte del servizio Casa Sidoli, riconoscendo nel contesto di approdo nuove possibilità di espressione di sé e di relazione con le altre.